Texto extraído de La Reppublica, por indicação do Prof. Dr. João Batista Toledo Prado, diretamente da Cidade Eterna
La lupa del Campidoglio è medievalela prova è nel test al carbonio
La scultura era stata variamente attribuita all´arte antica, dagli etruschi ai romani
di Adriano La Regina
Nuove analisi al radiocarbonio eseguite sulla Lupa Capitolina confermano l´attribuzione della scultura all´epoca medievale. Le indagini sono state svolte in uno dei più attrezzati laboratori scientifici italiani per questo genere di attività, il Centro per la datazione e la diagnostica dell´Università del Salento. Accertamenti sulla datazione del celebre bronzo erano stati preannunciati dai responsabili dei Musei Capitolini il 28 febbraio 2007 a Roma, alla Sapienza.
Ma poi non se ne era saputo più nulla. Solamente nell´agosto del 2007 trapelarono le prime notizie sull´effettivo svolgimento delle analisi. Il 31 ottobre, infine, una nota di agenzia fece sapere che le indagini erano state eseguite, ma i risultati non furono divulgati: il Comune di Roma si era riservato il diritto di pubblicarli, ma non lo ha fatto. Le nuove informazioni sull´epoca del bronzo capitolino sono state così sottratte per circa un anno alla conoscenza del pubblico e degli studiosi.
La scultura era stata variamente attribuita all´arte antica: etrusco-italica, magno-greca, romana; secondo l´opinione più diffusa era considerata un oggetto di produzione etrusca dei primi decenni del V secolo avanti Cristo. A riconoscerne la fattura medievale è stata Anna Maria Carruba, la quale per prima aveva accertato che la Lupa era stata fusa a cera persa col metodo diretto in un sol getto, tecnica adottata per i grandi bronzi nel Medio Evo e non in epoca precedente; aveva anche constatato che le superfici della scultura non presentavano i segni caratteristici delle lavorazioni antiche, bensì quelli riscontrabili su tutti i bronzi di epoca medievale. I risultati, insospettati e strabilianti, furono pubblicati dalla Carruba nel dicembre 2006 suscitando attenzione internazionale, specialmente in Germania ove le ricerche sulle antiche tecnologie sono molto avanzate.
In Italia, nel mondo degli studi di storia dell´arte antica, si ebbero reazioni non unanimi con segni di contrarietà tra quegli archeologi del Comune di Roma che avevano sottovalutato e respinto le ripetute segnalazioni di Anna Maria Carruba, impegnata nel restauro della Lupa tra il 1997 e il 2000. Anche contrari sono stati taluni ambienti accademici insofferenti dei successi dovuti alle nuove tecniche di indagine; il lavoro della Carruba ha inoltre infranto definitivamente il vecchio pregiudizio di un rapporto gerarchico tra lo storico che interpreta i fenomeni artistici, e gli altri ricercatori che studiano la materia dell´opera d´arte e le sue trasformazioni.
La Lupa è un´opera d´arte possente, raffinata e complessa. Ha sempre esercitato un fascino particolare, ha evocato miti e leggende. Theodor Mommsen (1845) osservò che il bronzo, da lui considerato genericamente antico, benché horridum et incultum lo commuoveva più delle belle sculture presenti nel museo. L´attribuzione all´arte etrusca risaliva però già al Winckelmann (1764), il quale aveva tratto questa convinzione dalla rappresentazione appiattita dei riccioli e delle ciocche del pelame che in ogni successiva trattazione sarebbero rimasti l´oggetto di raffronto stilistico con altre opere d´arte.
La successiva storia degli studi riguardanti la Lupa è stata offuscata da informazioni erronee, superficiali e fuorvianti su restauri mai eseguiti, come quelli relativi alla coda, oppure su danni subiti, che in realtà sono difetti di fusione. Già nella sua Roma antica Famiano Nardini (1704) attribuiva a un fulmine le lesioni alle zampe, identificando così la scultura con la statua di bronzo dorato, raffigurante Romolo allattato dalla lupa, folgorata nel 65 avanti Cristo sul Campidoglio. Gli aspetti iconografici del bronzo capitolino hanno dimostrato solo generiche analogie con l´arte antica. L´analisi stilistica si è per lo più rivolta all´interpretazione dei caratteri non classici, considerati «italici». Soprattutto nella scuola germanica la critica ha insistito anche per la Lupa nella ricerca strutturale (Strukturforschung), teorizzata negli anni Trenta da Guido Kaschnitz von Weinberg, un eminente storico dell´arte antica. Sulla scia teorica di Kaschnitz sono gli studi sulla Lupa di Friedrich Matz (1951), che vi ha riconosciuto un prodotto dell´arte etrusca. Questa posizione interpretativa è stata ancora ribadita da Erika Simon (1966).
Il primo a dubitare dell´antichità della Lupa è stato Emil Braun (1854), segretario dell´Istituto di corrispondenza archeologica di Roma, il quale riconobbe nei danni alle zampe dell´animale un difetto di fusione e non i guasti prodotti da un fulmine. Successivamente Wilhelm Fröhner (1878), conservatore del Louvre, ravvisò nella scultura caratteri stilistici attribuibili all´epoca carolingia; infine Wilhelm Bode (1885), direttore del Museo di Berlino, fu parimenti dell´avviso che si trattasse con tutta probabilità di un´opera d´arte medievale. Queste rapide osservazioni nel corso del Novecento caddero in totale oblio.
La Lupa capitolina resta un´opera problematica, dovuta a una personalità artistica di cui occorrerà definire la posizione e il ruolo nel contesto della produzione scultorea, e in particolare bronzea, del Medio Evo nell´Italia centrale. I dati finora acquisiti consistono nell´accertamento del luogo di produzione, circoscrivibile in base alle terre di fusione nella vallata del Tevere da Roma a Orvieto (G. Lombardi, 2002); nel riconoscimento di una tecnica di fusione adottata in età medievale, documentata a partire dal XII secolo (Carruba, 2006); in una serie di analisi (radiocarbonio, termoluminescenza) più volte eseguite negli ultimi anni, che concorrono a indicare un´epoca di produzione compresa tra il secolo VIII dopo Cristo e il secolo XIV; le ultime, ripetute una ventina di volte l´anno scorso, offrono un´indicazione molto puntuale nell´ambito del XIII secolo.
L´autore è stato soprintendente ai beni culturali di Roma
(09 luglio 2008)
Ma poi non se ne era saputo più nulla. Solamente nell´agosto del 2007 trapelarono le prime notizie sull´effettivo svolgimento delle analisi. Il 31 ottobre, infine, una nota di agenzia fece sapere che le indagini erano state eseguite, ma i risultati non furono divulgati: il Comune di Roma si era riservato il diritto di pubblicarli, ma non lo ha fatto. Le nuove informazioni sull´epoca del bronzo capitolino sono state così sottratte per circa un anno alla conoscenza del pubblico e degli studiosi.
La scultura era stata variamente attribuita all´arte antica: etrusco-italica, magno-greca, romana; secondo l´opinione più diffusa era considerata un oggetto di produzione etrusca dei primi decenni del V secolo avanti Cristo. A riconoscerne la fattura medievale è stata Anna Maria Carruba, la quale per prima aveva accertato che la Lupa era stata fusa a cera persa col metodo diretto in un sol getto, tecnica adottata per i grandi bronzi nel Medio Evo e non in epoca precedente; aveva anche constatato che le superfici della scultura non presentavano i segni caratteristici delle lavorazioni antiche, bensì quelli riscontrabili su tutti i bronzi di epoca medievale. I risultati, insospettati e strabilianti, furono pubblicati dalla Carruba nel dicembre 2006 suscitando attenzione internazionale, specialmente in Germania ove le ricerche sulle antiche tecnologie sono molto avanzate.
In Italia, nel mondo degli studi di storia dell´arte antica, si ebbero reazioni non unanimi con segni di contrarietà tra quegli archeologi del Comune di Roma che avevano sottovalutato e respinto le ripetute segnalazioni di Anna Maria Carruba, impegnata nel restauro della Lupa tra il 1997 e il 2000. Anche contrari sono stati taluni ambienti accademici insofferenti dei successi dovuti alle nuove tecniche di indagine; il lavoro della Carruba ha inoltre infranto definitivamente il vecchio pregiudizio di un rapporto gerarchico tra lo storico che interpreta i fenomeni artistici, e gli altri ricercatori che studiano la materia dell´opera d´arte e le sue trasformazioni.
La Lupa è un´opera d´arte possente, raffinata e complessa. Ha sempre esercitato un fascino particolare, ha evocato miti e leggende. Theodor Mommsen (1845) osservò che il bronzo, da lui considerato genericamente antico, benché horridum et incultum lo commuoveva più delle belle sculture presenti nel museo. L´attribuzione all´arte etrusca risaliva però già al Winckelmann (1764), il quale aveva tratto questa convinzione dalla rappresentazione appiattita dei riccioli e delle ciocche del pelame che in ogni successiva trattazione sarebbero rimasti l´oggetto di raffronto stilistico con altre opere d´arte.
La successiva storia degli studi riguardanti la Lupa è stata offuscata da informazioni erronee, superficiali e fuorvianti su restauri mai eseguiti, come quelli relativi alla coda, oppure su danni subiti, che in realtà sono difetti di fusione. Già nella sua Roma antica Famiano Nardini (1704) attribuiva a un fulmine le lesioni alle zampe, identificando così la scultura con la statua di bronzo dorato, raffigurante Romolo allattato dalla lupa, folgorata nel 65 avanti Cristo sul Campidoglio. Gli aspetti iconografici del bronzo capitolino hanno dimostrato solo generiche analogie con l´arte antica. L´analisi stilistica si è per lo più rivolta all´interpretazione dei caratteri non classici, considerati «italici». Soprattutto nella scuola germanica la critica ha insistito anche per la Lupa nella ricerca strutturale (Strukturforschung), teorizzata negli anni Trenta da Guido Kaschnitz von Weinberg, un eminente storico dell´arte antica. Sulla scia teorica di Kaschnitz sono gli studi sulla Lupa di Friedrich Matz (1951), che vi ha riconosciuto un prodotto dell´arte etrusca. Questa posizione interpretativa è stata ancora ribadita da Erika Simon (1966).
Il primo a dubitare dell´antichità della Lupa è stato Emil Braun (1854), segretario dell´Istituto di corrispondenza archeologica di Roma, il quale riconobbe nei danni alle zampe dell´animale un difetto di fusione e non i guasti prodotti da un fulmine. Successivamente Wilhelm Fröhner (1878), conservatore del Louvre, ravvisò nella scultura caratteri stilistici attribuibili all´epoca carolingia; infine Wilhelm Bode (1885), direttore del Museo di Berlino, fu parimenti dell´avviso che si trattasse con tutta probabilità di un´opera d´arte medievale. Queste rapide osservazioni nel corso del Novecento caddero in totale oblio.
La Lupa capitolina resta un´opera problematica, dovuta a una personalità artistica di cui occorrerà definire la posizione e il ruolo nel contesto della produzione scultorea, e in particolare bronzea, del Medio Evo nell´Italia centrale. I dati finora acquisiti consistono nell´accertamento del luogo di produzione, circoscrivibile in base alle terre di fusione nella vallata del Tevere da Roma a Orvieto (G. Lombardi, 2002); nel riconoscimento di una tecnica di fusione adottata in età medievale, documentata a partire dal XII secolo (Carruba, 2006); in una serie di analisi (radiocarbonio, termoluminescenza) più volte eseguite negli ultimi anni, che concorrono a indicare un´epoca di produzione compresa tra il secolo VIII dopo Cristo e il secolo XIV; le ultime, ripetute una ventina di volte l´anno scorso, offrono un´indicazione molto puntuale nell´ambito del XIII secolo.
L´autore è stato soprintendente ai beni culturali di Roma
(09 luglio 2008)